Ci siamo: da venerdì 15 ottobre scatta l'obbligo di green-pass negli uffici e nelle aziende e chi non sarà in regola con il certificato verde non potrà accedere al suo abituale luogo di lavoro e la sua la sua sarà considerata un'assenza ingiustificata e quindi non retribuita, ma per le aziende il comportamento ostile al green-pass non potrà essere motivo di licenziamento. Il controllo spetta al datore di lavoro ed è prevista una multa per il dipendente che entra senza dichiarare di essere sprovvisto di pass. Per la verifica disponibile una applicazione, un’evoluzione di quella già usata nelle scuole e nelle attività commerciali, che consente la verifica “del possesso delle certificazioni verdi in corso di validità del personale effettivamente in servizio, di cui è previsto l’accesso ai luoghi di lavoro”. Le verifiche del green pass sono ammesse anche a campione, ma devono riguardare almeno il 20% della forza lavoro. Non cambiano le altre regole previste dai protocolli aziendali per garantire la salute e sicurezza dei lavoratori, quindi distanze mascherine.
Ma sull’applicazione del provvedimento pesano i timori per i numeri di quanti sono ancora sprovvisti del certificato e le minacce di quanti apertamente manifestano la loro contrarietà, minacciando azioni di blocco. E’ il caso di una larga parte dei portuali di Trieste, punta della protesta no-greenpass. Rifiutano in toto il certificato e respingono anche l’invito del Viminale all’autorità portuale a valutare di fornire gratuitamente i tamponi. Fra i 950 addetti del porto di Trieste il 40% degli addetti non è vaccinato. Inferiore la percentuale negli altri porti italiani, soprattutto al sud.
Sul fronte autotrasporto, tre conducenti italiani su quattro sono già vaccinati ma la percentuale scende se si includono gli stranieri che operano nel Paese. E poi una parte di camionisti dell’Europa centro-orientale è coperta solo dal vaccino russo Sputnik, che i regolatori europei dell’Ema non riconoscono.