Carminati è tornato in libertà. Bonafede incarica gli ispettori

Ore 13.30: dopo 5 anni e 7 mesi di detenzione, Massimo Carminati torna in libertà. Il “nero” o “er cecato”, come era soprannominato, ha varcato la soglia del carcere di Oristano dove era detenuto da uomo libero, senza nessun obbligo di dimora o di firma. L’uomo chiave di “mafia capitale” o del “mondo di mezzo” come l’inchiesta è stata successivamente ribattezzata, torna libero a cinque giorni dal deposito delle motivazioni della sentenza della Corte di Cassazione, che ha fatto cadere per l'ex Nar, per Salvatore Buzzi, già presidente della cooperativa 29 giugno e altri 30 coimputati l’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso, riconosciuta nel processo d’appello, che su questo aspetto aveva ribaltato la sentenza di primo grado nella quale si parlava di semplice associazione a delinquere. Fuori dal carcere in cui era rinchiuso dal dicembre 2014 ad attenderlo tanti giornalisti, ai quali l’ex militante dei NAR, ha però evitato di rispondere. A fornire la spiegazione tecnica della scarcerazione ci ha pensato uno dei suoi legali, Cesare Placanica: “a fine marzo aveva già scontato il tetto massimo dei due terzi del reato più grave che gli è stato contestato: una corruzione". Insomma la carcerazione preventiva è arrivata al limite e non essendo quindi giunta ancora una condanna definitiva, si dovrà attendere l’esito del processo d'Appello bis che dovrà rideterminare la pena.

Immediate le polemiche ed anche la reazione del ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, che ha delegato l'ispettorato generale del ministero a svolgere "i necessari accertamenti preliminari".

Il nome di Carminati è legato a diverse vicende criminali che attraversano molti anni di storia, dall’eversione nera, alla banda della Magliana, fino alle vicende di intrighi e corruzione che lo hanno visto protagonista negli anni più recenti. Il suo nome è legato anche ad un misterioso furto al caveau all’interno del palazzo di giustizia di piazzale Clodio a Roma. Un “colpo” messo a segno nel 1999 con la complicità anche di esponenti delle forze dell’ordine, che consentì di violare le cassette di sicurezza di decine di magistrati, avvocati e notabili romani e secondo alcuni di carpirne importanti segreti.