Il giorno dopo il piano Trump per Gaza, pressioni del mondo arabo su Hamas. In Israele l'ultradestra accusa Netanyahu e Smotrich dice: finirà in lacrime n

Il giorno dopo la presentazione del piano Trump per Gaza, i paesi arabi più coinvolti, Qatar ed Egitto, continuano a fare pressione sulla leadership di Hamas affinchè accetti il piano.  Hamas ha avviato una serie di consultazioni con i suoi vertici politici e militari, sia in Palestina che all'estero, ma stando a fonti citate dai media più informati parlano di discussioni che potrebbero durare diversi giorni a causa della complessità delle comunicazione tra i membri della leadership e i diversi gruppi  nella Striscia.  Abu Ali Hassan, membro di spicco del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, una delle organizzazioni più piccole nella Striscia di Gaza, ha da parte sua dichiaratoad un'agenzia di stampa che "il piano di Trump è una ricetta per gestire la guerra e prolungarla, non per porvi fine".

La conferma dell'apprezzamento del piano  da parte degli europei arriva dalle dichiarazioni giunte anche questa mattina. "Accogliamo con favore l'impegno del presidente Donald Trump a porre fine alla guerra a Gaza. Incoraggiamo tutte le parti a cogliere questa opportunità. L'Ue è pronta a contribuire", scrive su X la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen.  In un'intervista questa mattina ribadisce il suo favore anche il ministro degli esteri Tajani: "A noi quel piano piace perché può essere la soluzione per arrivare al cessate il fuoco, alla liberazione degli ostaggi e mettere fine a una guerra che sta provocando decine e decine di migliaia di morti". Il piano Trump piace anche alla Russia. Il portavoce del Cremlino, Dmitrij Peskov, citato dall'agenzia Interfax si augura che "venga realizzato" consentendo una soluzione "pacifica".

Alcuni punti del piano, in particolare l'impegno di Israele a non annettere Gaza, suscitano malumori nella destra più radicale in Israele. Il ministro delle Finanze di estrema destra Bezalel Smotrich parla di "clamoroso fallimento diplomatico". In un lungo post su X ha scritto: "A mio avviso, finirà anche in lacrime. I nostri figli saranno costretti a combattere di nuovo a Gaza". In soccorso di Netanyahu arriva l'ex primo ministro Naftali Bennett che afferma che il piano del presidente degli Stati Uniti  è "un passo difficile, ma necessario".

Uno dei leader dell'opposizione a Netanyahu, Yair Lapid, sostiene che il piano è "molto simile" a quello che aveva proposto durante gli incontri con i principali attori un anno fa, lamentando il ritardo nell'approvazione dell'idea. Israele, ha detto, "ha perso un anno" durante il quale sono morti  soldati e ostaggi, "mentre il nostro status internazionale si disintegrava davanti ai nostri occhi".

A fare muro contro le frange più estreme del suo governo ci pensa lo stesso Netanyahu, che ha dichiarato che l'esercito israeliano rimarrà nella maggior parte della Striscia di Gaza. "Recupereremo tutti i nostri ostaggi, vivi e vegeti, mentre l'esercito rimarrà nella maggior parte della Striscia di Gaza", ha ribadito in un video pubblicato sul suo canale Telegram.