Bombe e volantini nell'inferno di Gaza City. L'esercito israeliano annuncia: evacuate la città

Cadono le bombe, cadono i volantini. Su Gaza City piovono le comunicazioni dell'Idf: l'esercito isareliano ordina alla popolazione palestinese di lasciare la città e dirigersi verso sud. Per la prima volta intanto, un ministro israeliano, il Ministro degli Esteri Gideon Sa'ar, dichiara ufficialmente che Israele è pronta a porre fine alla guerra a Gaza "sulla base della proposta del Presidente Trump. Sa'ar lo ha detto al Primo Ministro croato Andrej Plenković a Zagabria, secondo quanto riportato dall'ufficio del ministro. Il piano per lo stop al conflitto e il rilascio di tutti gli ostaggi, è stato presentato dalla Casa Bianca la scorsa settimana , sebbene Israele e Stati Uniti non abbiano ancora rivelato ufficialmente cosa comporti. Di certo prevede che Hamas rilasci tutti gli ostaggi rimasti entro le prime 48 ore dall'accordo, in cambio della garanzia da parte degli Stati Uniti che Israele non riprenderà la guerra. Hamas si è detta disponibile, manifestando "difficoltà" ad un rilascio contestuale di tutti gli osatggi vivi e morti. Trump ha dichiarato domenica che Israele ha accettato le sue condizioni, ma il Primo Ministro  Netanyahu non abbia ancora tenuto una riunione di gabinetto per discutere lo scambio, che incontrerebbe di certo la resistenza dei suoi partner di estrema destra, intenzionati a proseguire nei combattimenti e nell'occupazione di tutta la Striscia di Gaza, dove vorrebbero ristabilire insediamenti di coloni.

Dopo l'attacco palestinese di ieri a Gerusaleme costato la vita a sei persone, Israele stringe intanto la morsa sulla Cisgiordania: circondati i villaggi dai quali provenivano i due attentatori, uccisi durante la sparatoria seguita e messe in atto altre azioni punitive nei confronti di loro parenti e amici. Il Ministro della Difesa Israel Katz ha dichiarato di aver ordinato alle autorità di imporre "sanzioni civili" ai parenti dei terroristi e ai residenti delle loro città d'origine in Cisgiordania, tra cui la revoca di 750 permessi di lavoro e di ingresso in Israele e la demolizione di strutture "illegali" nei villaggi. Misure contestate dall'Associazione per i Diritti Civili in Israele (ACRI), che chiede  al Procuratore Generale Gali Baharav-Miara di ordinare alle Forze di Difesa israeliane e al Ministero della Difesa di astenersi dall'imporre quella che ha definito una punizione collettiva: "Le punizioni collettive sono proibite sia dalla legge israeliana che dal diritto internazionale umanitario. Tali azioni sono crimini di guerra", ha dichiarato l'ACRI al Procuratore Generale.

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